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A comporre la mia voce

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A cantare tra le mani  lentamente-

con una voce millenaria intorno al garbha,

che mi penetra, profondo, che soggiorna,

annullando il lungo viaggio e chi ne esce

con l’occhio libero da ogni reticenza

ed un segreto svelato dal respiro

unito al nome ripetuto con sorpresa-

 

bastano i miei  occhi come case

come case piccolissime invisibili

che conducono ad altre tante case

per folate di canto. Intorno al cerchio,

a tratti scende ancora il suo profumo,

sulla pezza di seta rossa di ogni sera.

Mi unisco a lei,

che più non muore tra i papaveri,

mentre soffia  l'uva dove vuole

coi grappoli enormi 

                          appesi ai bastoni.

 

E' l’eco vivente di tutti gli odori

il digiuno,

la benedizione per i campi del sudore,

quieta e potente preghiera,

al mio sguardo. La stessa mitezza

in tutto si contrae

poi si distende, ricominciando

come  tamburi d’acqua dei pigmei,

quando curvi sopra il fiume la percuotono,

da farne musica

 

ti guardo, finita  la mia luce,

immersa  nel presente :

porti avvolte sulla testa le tue reti,

e non inciampi,

nel passaggio stretto delle piste,

dove io leggera cado ad ogni ramo

per raccogliere del miele sulle mani,

le foglie verdi in fumo per le api.

 

Sul buco di dolcezza ancora strappo

un pezzo piccolissimo di favo,

lanciandolo nel  cielo, e, solo dopo,

all'imbrunire,

prendo a succhiare il lembo della garza,

tumida e inzuppata -

 

non è  impossibile andare più lontano

del grande cerchio tra i fiori e le radici,

se siamo stati tanto nudi e veri

da avere accolto in noi anche il bisogno

di essere amati, e riposare scalzi,

nelle braccia di un altro, vulnerabili,

col diaframma aperto e insieme uguale

solo al desiderio di fiorire,

se quando perdiamo una cosa cara

esclamiamo così, semplicemente,

"è andata via da noi".

 

 

C’è un segno lontano sul mio petto,

una linea sottilissima di gioia

in lotta col colore che ora scrive

schiarendosi lo spazio, poi ritorna

col duro esercizio delle sbarre,

e una ghirlanda,

nel bianco silenzio delle querce,

come in canto

 

è la bellezza a meritare

mentre vola la terra in mezzo al cielo

confermando la vocazione dello sguardo

il continuo movimento in un miracolo

:

la porziuncola di pace tra le celle

e lo spiraglio

                        che moltiplica l’amore,

nel misterioso dispensiere di vivande,

è il sapore di una  mano nuova,

la lingua calda nelle sue profondità,

dimentica di sete e della fame,

quando avanzano le ombre sopra i piedi.

 

Sui prati rosa si posa adesso un velo,

e appena visibile cammina,

superando ogni ricordo,

nel sole della sera,

poi solo un luccichio, che si spegne

 

indebolendo le mie forze per tacere,

per rendere leggera questa  veglia

alla notte del destino.  Torneranno

torneranno  nelle ali luminosi

gli angeli “a comporre la mia voce ”.

 Alessandra Ponticelli Conti - 29/07/2015 13:25:00 [ leggi altri commenti di Alessandra Ponticelli Conti » ]

Sublime.
Ciao Amina, un grande abbraccio
Alessandra

 Amina Narimi - 16/07/2015 13:35:00 [ leggi altri commenti di Amina Narimi » ]

grazie Cristina cara con emozione
grazie Elsa
un abbraccio a te Fiordy, per la conserva
quando non "possediamo" le cose, quando siamo in loro,
non le perdiamo mai,
si allontano soltanto..

 Ferdinando Giordano - 16/07/2015 12:32:00 [ leggi altri commenti di Ferdinando Giordano » ]

"quando perdiamo una cosa cara
esclamiamo così, semplicemente,
"è andata via da noi".

In me il sintomo è: qualsiasi cosa preceda o segua questi versi, è di conserva. Ma è un parere che ha il valore di chi lo presenta, nient’altro.

 Elsa Paradiso - 16/07/2015 08:16:00 [ leggi altri commenti di Elsa Paradiso » ]

Brevemente ti dico che in questa tua ho viaggiato il sublime.
Ciao, Amina.

  Cristina Bizzarri - 15/07/2015 23:08:00 [ leggi altri commenti di Cristina Bizzarri » ]

  Chi non può scegliere un luogo o un altro, un nome o un altro nome. Chi non può scegliere dove né con chi stare. Chi non può scegliere dove appoggiarsi o sostare. Chi non può scegliere se dare o ritirare la mano. Chi non può scegliere se ridere o piangere. Chi non può scegliere se una o l’altra parte. Chi non può scegliere chi o cosa guardare. Chi non può scegliere se restare. Chi non può scegliere se voltarsi indietro. Chi non può scegliere se vivere o morire. Chi non può scegliere può solo essere. Con chi parte e chi ritorna. Con chi sosta e chi riprende. Con chi fugge e chi combatte. Con chi trema e chi è saldo. Chi non può scegliere è un fanciullo che arrivato in fondo agli anni costruisce un castello di sabbia poco prima dell’alta marea.   E sorride vedendola arrivare.   ★ questa poesia è dedicata a Amina Narimi

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